FREE FALL JAZZ

Introduzione
di Negrodeath

Che Miles Davis e Jimi Hendrix fossero stati amici è cosa nota. Che avessero pure l’intenzione di registrare un album insieme, pure. Che questo non sia potuto avvenire per ovvi motivi, ovvero la morte prematura del celebre chitarrista, figuriamoci. Da allora, cioè dal 1970, sono in molti a speculare cosa sarebbe potuto nascere dall’incontro fra i due titani. Pensateci un po’:  Davis, araldo del jazz, genio inquieto e curioso, mai soddisfatto e sempre pronto ad intraprendere nuove strade all’insegna di una personalissima e coerente visione estetica; e Hendrix, rivoluzionario della chitarra rock, perfettamente padrone del blues che deformava attraverso una sensibilità nuova, figlia del tempo ma già protesa ben oltre (è anche per questo che Hendrix, ancora oggi, suona così attuale rispetto a tanta paccottiglia del tempo), nonché uno dei pochi musicisti rock a suscitare l’ammirazione dei jazzisti. Non era un segreto che Hendrix volesse provare nuove vie caratterizzate da lunghe improvvisazioni collettive in forma di estese jam – lo testimonia pure il bellissimo live della Band Of Gypsies, uscito postumo. Miles Davis, nella sua autobiografia, dice chiaro e tondo che lui e Jimi avevano provato insieme più di una volta. “Chissà che avranno suonato…?” Bene, a quanto pare è finalmente arrivata la risposta, più precisamente da Malibu, dalla villa dove Miles ha abitato dal 1983 fino alla morte. Di recente la casa è stata venduta, e fin qui non ci sarebbe niente di interessante. Ma adesso entra in gioco la figura, tanto enigmatica quanto affascinante, di Sivad. I più accaniti fra i collezionisti lo conosceranno, perché Sivad afferma di avere la più grande e completa collezione di Miles Davis sulla faccia della Terra, incluso un’impressionante numero di bootleg. E’ difficile non credergli, vista la mole di concerti che ha diffuso su internet nell’ultimo decennio, e sempre col solito sistema: un sito fantasma che appare e scompare (www.sivad.cc) su cui viene indicato un link p2p (edk o torrent) per 24 ore al massimo, dopodiché il bootleg si diffonde a macchia d’olio diventando, de facto, di dominio pubblico. Sono molte le leggende metropolitane sulla vera identità di Sivad: la più maligna lo vede abilissimo hacker al soldo di Gregory Davis, secondogenito di Miles da molti anni in lotta all’ultimo sangue coi fratelli per questioni ereditarie. Tornando a Malibu, il nuovo proprietario della casa avrebbe messo all’asta (a porte chiuse e presso un pubblico selezionato, per evitare problemi con la Miles Davis Foundation) il contenuto di un paio di casse ritrovate in garage. Fra gli oggetti all’asta, una serie di nastri assolutamente inediti, comprati subito dall’intermediario di Sivad (e il mistero si infittisce). Nastri accompagnati da un cartoncino scritto a pennarello, da mano ignota, che riporta fra le varie informazioni tecniche:

“Miles Davis: trumpet
Unknown (most probably Miles himself): organ
Unknown (most probably Steve Grossman or Gary Bartz): soprano and alto sax 
Jimi Hendrix: guitar
Michael Henderson: electric bass 
Billy Cobham: drums”

E quindi… sì, ci siamo, Sivad, novello Indiana Jones, ha davvero scoperto l’Arca dell’Alleanza! E ovviamente questo tesoro di circa cinquantacinque minuti non lo tiene per sé, ma lo dona al mondo intero. E anche voi potrete scaricarlo subito dal link in fondo all’articolo, prima che sparisca. E mentre scaricate, potete leggervi la gustosissima recensione di Nico Toscani qui sotto!

Tidal Waves

di Nico Toscani

Prima di buttare giù queste righe ero indeciso. Da una parte la voglia di scrivere tutto e subito, sulle ali dell’entusiasmo; dall’altra, la voglia di ragionarci su, ascoltare, riascoltare e lasciar marinare bene il tutto. Alla fine ha vinto la prima scelta: d’altronde la musica è anche (a volte soprattutto) istinto, specialmente nel caso dei due monumenti qui coinvolti.  Proprio “l’istinto” è la chiave fondamentale che fa risaltare all’occhio una possibile (forse neanche l’unica) inesattezza del biglietto che accompagnava i nastri: all’ascolto il tutto suona, sia per qualità audio che per  il “groove”, registrato in presa diretta, frutto di qualche jam session o rehearsal. E dunque non può essere lo stesso Miles a suonare l’organo, che spesso con la sua storica tromba si lancia in duetti mozzafiato o avvincenti botta e risposta. Hancock magari? Bisognerebbe chiederlo direttamente a lui.

Ma andiamo con ordine: la cartella con i leak di Sivad è chiamata ‘Tidal Waves’, e non è dato sapere se si tratti di un semplice nome coniato da lui, o proprio quello che i protagonisti avrebbero voluto per il loro album mai realizzato. Contiene quattro brani: due sono lunghe jam di rispettivamente 18 e 23 minuti, gli altri sono invece più brevi (7:04, 5:30). L’ascolto entusiasma non solo per la gioia di risentire in un contesto inedito due musicisti i cui archivi ritenevamo “spremuti” da secoli, ma anche perché utilissimo a comprendere più a fondo le dinamiche di alcuni passi immediatamente successivi nella carriera di Miles. La fuga acida del primo brano, ‘Odyssee’, ricorda infatti a più riprese quanto il trombettista ha fatto poco dopo in ‘A Tribute To Jack Johnson’, pubblicato all’inizio del 1971 pochi mesi dopo questa sessione (della quale, peraltro, la data precisa non si conosce. Dall’autobiografia di Miles si può dedurre che lui e Jimi abbiano provato insieme una manciata di volte circa tra l’inizio e l’agosto del ’70); diventa dunque chiarissima la genesi dello stile hendrixiano adottato su quel disco da John McLaughlin, che con ogni probabilità questi nastri li ha ascoltati bene. Nel primo pezzo il genio di Seattle resta comunque relegato a un ruolo quasi di secondo piano, formando assieme alla sezione ritmica una spina dorsale massiccia, ma allo stesso tempo ricca di groove, tanto da sconfinare ripetutamente nel funk; al centro della scena, come si accennava più sopra, si ergono invece le epiche scorribande di tromba e organo.

È nel secondo brano, forse il vero capolavoro dei quattro, che l’interazione tra i due protagonisti sembra finalmente mantenere le promesse dei nomi che portano. S’intitola ‘Tegola’ e parte con un riff vagamente memore di ‘Purple Haze’, ben presto affiancato da basso e batteria che tessono una trama dal sapore molto jazz. Dopo un minuto e mezzo entra Miles e sembra la cosa più naturale del mondo, un matrimonio fatto in paradiso: per quasi venti minuti si procede così, tra assoli torrenziali e un paio di break atmosferici per tirare il fiato, in cui per un attimo anche i sax si ritagliano il loro piccolo posto al sole. I più attenti certamente noteranno come alcune parti della jam siano molto simili a diversi momenti di ‘Burning Desire’, traccia incisa da Hendrix più o meno nello stesso periodo e recuperata postuma qualche anno dopo, nella raccolta di inediti ‘Loose Ends’. La conclusione è quasi improvvisa(ta), con la chitarra che smette di suonare e basso e batteria che vanno ancora avanti per qualche secondo, ma s tratta di imperfezioni formali che passano in secondo piano, sia perché si tratta di materiale in origine non inteso per la pubblicazione, quanto per la mente che ormai viaggia per conto proprio, fantasticando sui “what if” e sulle “sliding doors”.

Molto bella anche ‘Going Down’, estemporanea jam all’insegna del blues vagamente ispirata all’omonimo brano di Freddie King: Jimi parte di wah wah e Miles si produce in un assolo struggente che pare uscire da uno dei suoi “gerundi”. Potenzialmente interessante anche  la conclusiva ‘Message Of Love’, funk rock già apprezzato in ‘Band Of Gypsys’ del chitarrista americano, qui riletto in una versione più o meno fedele a quella ben nota, giusto arricchita da qualche sporadica comparsa dei fiati: forse l’unico dei quattro brani in cui i due stili non sembrano legare bene. Si tratta, per la cronaca, anche dell’unico non strumentale: la voce, ovviamente, è quella di Hendrix.

Già si parla di presunte offerte milionarie della Universal, che, nonostante la diffusone in rete ormai a macchia d’olio, sembra interessata a rilevare i nastri di Sivad e pubblicare ufficialmente questi 55 minuti di musica, ma il collezionista sembra intenzionato a respingere qualunque trattativa. I maligni ovviamente danno per scontato si tratti del caro vecchio gioco al rialzo: avranno ragione? Chissà. Noi nel frattempo ci limitiamo ad ascoltare il tutto clandestinamente, fantasticando sui “what if” e sulle “sliding doors”. (Nico Toscani)

Ecco infine i link giusti: fiondatevi prima che spariscano. Vi riportiamo più di  un mirror, così se non fungesse uno, potete provare l’altro.

Mirror 1 | Mirror 2

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