Altro disco molto interessante uscito negli ultimi mesi è ‘The Story This Time’, debutto di Jason Stein con il suo quartetto dopo un’intensa gavetta in vari progetti del sottobosco jazz di Chicago. Più volte ho sentito in giro paragoni con Rob Mazurek, suggestione dovuta forse più alla provenienza comune che altro (per quanto Stein sia in realtà originario di Long Island): alcuni punti di contatto tra gli stili dei due ci sono senza dubbio, ma l’equazione di Stein tende a un jazz meno ostinato nella ricerca della sperimentazione. Lo strumento suonato dal nostro, il clarinetto basso, rimanda ovviamente a Eric Dolphy, ed è proprio ‘Out To Lunch’ il disco a cui fare riferimento come punto di partenza, con un occhio anche all’Ornette Coleman degli esordi, nello specifico le sue cose meno radicali (ma non solo, a ben vedere). In effetti, ‘The Story This Time’ procede su due direzioni ben distinte, che però preferiscono lambirsi e intrecciarsi piuttosto che restare parallele, in un avvincente botta e risposta tra avanguardie e robusto post bop, di quello più straight ahead che fila come un treno. Perfetta sintesi ne è la rilettura di ‘Palo Alto’, firmata in origine da Lee Konitz, che in poco più di cinque minuti passa da un attacco praticamente cacofonico (il momento più “puramente” free jazz del programma) a una seconda parte che non si faticherebbe a definire mainstream. Proprio la scelta delle riletture si rivela azzeccatissima: sei in tutto, selezionate dal repertorio meno in vista del citato Konitz, di Marsh, di Monk e di Tristano, roba spesso messa in ombra dai grandi classici dei suddetti, ma più che meritevole di ripescaggio e rivalutazione. Un plauso particolare, tra queste, alle atmosfere “minacciose” della ‘Work’ di Monk, in cui Keefe Jackson lascia momentaneamente il suo sax per cimentarsi col clarinetto contrabbasso. I cinque originali in programma poi confermano tutto, sia stilisticamente che qualitativamente, prova di una formazione che potrebbe camminare anche solo sulle proprie gambe, non fosse che nel loro caso riprendere pezzi altrui vada ben oltre l’espediente per mascherare un’ispirazione latitante. Come nella migliore tradizione jazz. (Nico Toscani)