FREE FALL JAZZ

Succede che una mattina ti alzi e scopri che sta arrivando in pompa magna un nuovo disco di Bollani. Un disco che in realtà è nuovo solo per l’Italia, ché per il mercato giapponese era già uscito dieci anni prima, contribuendo alla consacrazione del pianista nostrano anche presso il pubblico dagli occhi a mandorla. Quel disco, ‘Volare’, io l’ho ascoltato: se volete saperlo, incarna alla perfezione il prototipo del suono jazz “sterilizzato” a cui faceva già cenno l’amico Negrodeath in un articolo di qualche tempo fa.

Se vogliamo, l’operazione, per quanto becera, ha persino una sua logica: quando Bollani produce il disco è fresco di contratto con l’etichetta giapponese Venus, e ha bisogno di qualcosa che gli permetta di puntare abbastanza sul sicuro al mercato a cui il prodotto è destinato. Quale scelta migliore se non rileggere una serie di motivi popolarissimi spaziando dalla musica leggera a quella classica? (La stessa ‘Nel Blu Dipinto Di Blu’ è qui intitolata, appunto, ‘Volare’, che se no all’estero mica capiscono). E ok, ci voglio stare: la canzone pop, sin dai primi del secolo scorso, sovente è stata la base, l’origine di tanti pezzi jazz, non mi sogno di metterlo in dubbio. In questo caso però il processo è inverso: piuttosto che la base, la canzone pop si trasforma nel fine. E allora tutti attenti a non perdere mai troppo di vista le melodie famose e ben riconoscibili degli originali, traslate in un jazz “addomesticato” e dal ritmo fiacco (ed è un peccato, perché Tavolazzi è un buon bassista. L’altra metà della sezione ritmica è completata da Walter Paoli, che pure non mi dispiace: suonava con Federico Salvatore. E lo ascolto più volentieri lì), perfetto archetipo del sottofondo innocuo da degustazione gastronomica finto-intellettuale che tanto va di moda adesso. E magari c’è chi lo adorerà pure, tessendo per l’ennesima volta le lodi della più lucente stella del jazz italiano eccetera eccetera.

Da sempre e in ogni genere musicale il tentativo di crossover verso un mercato più vasto, offrendo qualcosa di più accessibile, è cosa all’ordine del giorno: lungi da noi fare gli ipocriti che si scandalizzano per questo. E sì, è bene che ci sia spazio per tutto, anche per il jazz “sterilizzato” se a qualcuno piace, ché de gustibus e il mondo é bello perchè é vario e non ci sono più le mezze stagioni e bla bla bla. E infatti il problema non sono i dischi di Bollani, che possono essere validi o meno validi, piacere o non piacere. Il problema è chi si ostina a spacciarceli per l’unica cosa meritevole d’essere ascoltata, il non plus ultra del jazz odierno, l’uomo che salverà il rock’n’roll mettendo fine alla fame nel mondo, il nuovo avvento di Cristo. E sono tanti. Troppi. Vabbè. (Nico Toscani)

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