FREE FALL JAZZ

Dio benedica YouTube. Cosa ci possiamo trovare lì dentro? Anzi, cosa NON ci possiamo trovare? Ok, il porno, ma per il resto si tratta di una sorta di paradisiaco far west in cui l’appassionato di musica può sguazzare per secoli, visionando concerti vecchi, nuovi e usati, presi dalle vecchie trasmissioni digitalizzate, filmati da un amatore nel pubblico, ripresi da un’equipe di professionisti. Le sfumature sono moltissime, ci se ne rende conto anche solo esaminando l’archivio dei nostri Picture This. E la capacità di divulgazione, per quanto soggetta al caos della moltiplicazione dei canali, è incredibile – con un po’ di connessioni musicofile giuste su Facebook o altre piattaforme, si possono scoprire tonnellate di cose. Forse, ma potrebbe essere solo una mia impressione, manca ancora un’imprenditoria alle spalle che utilizzi il canale. O meglio, per esserci c’è, basta pensare a realtà come Voice Of America, KPLU, NPR o Jazz Night In America, ma ne occorrono di più per avere un’offerta sempre più ampia e variegata. Lo spunto per queste riflessioni mi è venuto leggendo la campagna di crowdfunding Indie Jazz Live. Si tratta di un’associazione di Atlanta che ha già organizzato alcuni eventi e ora vuole racimolare i fondi per poter organizzare, filmare e distribuire su YouTube concerti di musicisti jazz indipendenti – termine con cui, suppongo, si intendano quei musicisti ancora privi di contratto discografico, o autoprodotti, o lontani da qualsiasi tipo di grosso management e filiera discografico/produttiva. Ipotesi mie.

L’idea è indubbiamente lodevole, a partire dal fatto che si appoggia su un media dall’infrastruttura già esistente (il web) e capillarmente diffusa (oggi basta uno smartphone). E il crowdfunding in questo caso assume una doppia valenza: da un lato portare soldi freschi per coprire almeno parte delle spese iniziare, dall’altro, in prospettiva futura, far capire ad eventuali sponsor in ascolto che esiste un bel numero di persone disposte a pagare per questa musica – a questo punto potrebbe nascere un circolo virtuoso, o almeno positivo, fra sponsor, eventi live e archiviazione web. Con, ovviamente, un bel portale web al seguito, interviste, approfondimenti e via discorrendo. In pratica, la versione 2.0 delle trasmissioni televisive in cui c’erano showcase ed interviste. Personalmente, lo vedo come un passaggio obbligato per creare una bella rete d’informazione che può ampiamente fregarsene dei canali obsoleti e promuovere e far conoscere nuovi musicisti. Possiamo infine discutere la questione dell’orizzontale vs. verticale: una volta radio, giornali e tv divulgavano e l’utenza doveva passare per il loro filtro, nel bene e nel male, oggi una singola persona può crearsi un network di sorgenti informative su misura per i propri gusti ed interessi, con il paventato rischio di rimirarsi allo specchio all’infinito. Ma è un rischio da correre, anche solo per il fatto che la forza del passaparola è più viva che mai. Quanti di voi hanno iniziato ad appassionarsi al jazz grazie ad un amico? Oppure, quanti amici avete avvicinato al jazz? Propagate il meccanismo su scala social web, e forse avrete un’idea del potenziale ancora inespresso. Le opportunità ci sono, basta investire per coglierle. Certo, se invece si passa il tempo a lagnarsi dei fondi promessi da qualche ministero della cultura, stiamo freschi.
(Negrodeath)

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