FREE FALL JAZZ

Lo avevo ascoltato dal vivo l’altr’anno al Jazz&Wine di Cormons, rimasi molto impressionato dalle qualità solistiche ed improvvisative ma, allo stesso tempo, rimanevo molto dubbioso sulla capacità compositiva. Troppi i rimandi a famosi pezzi di gospel, dove dopo una esposizione del tema il nostro si scatenava su cavalcate improvvisative torrenziali, cosa che veniva confermata anche sul disco, dove nonostante la presenza di William Parker e Gerald Cleaver, l’esplosività del suo sax veniva penalizzata dalla restrizione temporale del cd. Invece qui siamo in presenza di titoli strutturati, 19 in totale, dove è autore di tutti i brani ad eccezione di uno, per durate che arrivano fino al massimo di 7 minuti. Sparito il dubbio compositivo mi sorge quello sulle scelte ispiratrici. Se il precedente CD era molto più “free” anche se partendo da root music, qui siamo ad un omaggio all’Hip Hop. Ma questo è solo un riferimento alla sua infanzia trascorsa a Buffalo, in Freeman Street appunto. E’ il proseguimento della sua ricerca sulla sua identità che rivela nuovi passaggi sonori che riprendono i suoni frammentati del primo Hip Hop degli anni ’90. Certo che dopo William Parker e Gerald Cleaver nel precedente CD qui troviamo uno spettacolare Jamaaladeen Tacuma al basso elettrico e l’eccessivo talvolta Rudy Royston alla batteria. Si potrebbe pensare che con musicisti così, i dischi nascano da soli. Ma se nel precedente CD, come sopra annotato, i voli del sax venivano penalizzati, qui tutto torna. C’è funky, soul e naturalmente jazz. Gran bel disco da consigliare a chi pensa che il jazz è morto.
(Maurizio Zorzi)

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