“Aperitivo in Concerto”
stagione 2015-2016
Teatro Manzoni – Milano
11 concerti
8 novembre – 20 marzo
Trentunesima edizione di “Aperitivo in Concerto” -la rassegna prodotta e organizzata al Teatro Manzoni di Milano da Mediaset e Publitalia ’80, in collaborazione con Peugeot e 3Italia- e una programmazione che ha voluto approfondire un suo tradizionale obiettivo in particolare: illustrare i linguaggi musicali più innovativi o meno conosciuti fra quelli che compongono il mosaico sonoro della nostra contemporaneità e che costituiranno la colonna sonora del nostro domani. Un viaggio –fatto di undici eventi, di cui due prime europee e otto prime o uniche date italiane- alla scoperta o alla (ri)scoperta di culture e tradizioni che possono donare inattese risposte alle nostre domande. Spettacolarità, coinvolgimento, creatività, innovazione, ricerca, contemporaneità, originalità: sono i tratti che contraddistinguono questa edizione, un vero e proprio caleidoscopio di esperienze inusitate, senza precedenti, in molti casi, per le platee italiane. Undici straordinari concerti –ai quali parteciperanno, per l’appunto, grandissimi artisti che di rado frequentano o hanno frequentato le nostre sale concertistiche- che sono testimonianza delle innumerevoli risposte che i ritmi e le musiche dei nostri tempi possono dare alle nostre domande, dall’Europa all’Asia e alle Americhe. Uno sguardo verso il futuro: come nella tradizione di “Aperitivo in Concerto”
Non è, dunque, un caso che la rassegna accolga il ritorno in Italia di un geniale musicista come il leggendario compositore, pianista e cornista David Amram (28 febbraio), che è stato un vero e proprio antesignano del multiculturalismo in musica, accogliendo nei suoi lavori –e fin dalle sue collaborazioni con artisti quali Oscar Pettiford e Charles Mingus- strutture accademiche, improvvisazione jazzistica, sonorità africane e afro-caraibiche, spezzoni tratti da lontane tradizioni folkloriche e dando vita così a uno spettacolare quanto unico e originalissimo linguaggio.
Non è, ancora, un caso che l’imperdibile inaugurazione di questa stagione dedicata all’entusiasmo e alla gioia della conoscenza degli altri sia affidata all’irriverente, disinibita, ironica, tutta teatrale e giocosa quanto profonda arte dell’ICP Orchestra (8 novembre), altro collettivo storico che, guidato da un artista unico per intelligenza, sensibilità e sense of humor quale il celeberrimo batterista Han Bennink, da anni getta uno sguardo curioso e indagatore sulla nostra quotidianità, arricchendola di un profondo senso di poesia e umanità in cui dallo happening teatrale alla libera improvvisazione, dal ricordo di affascinanti frammenti musicali del passato ai più raffinati impasti orchestrali, si delinea un vibrante, stralunato, quasi surreale ma umanamente partecipe ritratto del nostro mondo e delle sue contraddizioni.
Dal Messico e per la prima volta in Europa giungono i Klezmerson (15 novembre), un impressionante gruppo di musicisti virtuosi scoperto da John Zorn, esplora in modo spettacolare e originalissimo, in un tripudio di colori e ritmi, il klezmer e la tradizione ebraica trapiantatasi nel Nuovo Mondo con influenze latinoamericane, caraibiche, zingare e mediorientali, facendo uso anche di strumenti peculiari come il dobro o la chitarra huapango, di un’orchestrazione che si rifà alla musica popolare messicana e di un linguaggio mutuato dal jazz, dal rock e dal funk, rileggendo fra l’altro le nuove composizioni scritte per loro da Zorn nel suo nuovo “Book of Angels”: Amon.
Ancora dall’America Latina si presenta per la prima volta in Italia (17 gennaio) l’Afro-Latin Jazz Octet guidato dall’eccezionale pianista Arturo O’Farrill, figlio del grande e indimenticato arrangiatore Chico O’Farrill (che molti ricorderanno con Stan Kenton, Dizzy Gillespie, Machito): di recente insignito con il Grammy Award, O’Farrill guida da anni strepitosi gruppi strumentali che illustrano in modo trascinante l’eredità afro-cubana e afro-latina nella musica improvvisata, aggiornando la sua travolgente carica ritmica e arricchendola di una fenomenale varietà di timbri e accenti.
Da Haiti sgorga invece il meraviglioso talento melodico e ritmico di un affascinante violinista e compositore come Daniel Bernard Roumain (7 febbraio), oggi fra gli artisti africano-americani di punta sui palcoscenici di New York e che si presenta per la prima volta in Italia. Roumain, autore che ha collaborato con una pletora di artisti da Matthew Shipp a Philip Glass, Ryuichi Sakamoto e Dj Spooky, fa interagire jazz, rock, hip hop, minimalismo, elettronica e le sue origini haitiane in un originale e coinvolgente connubio che lo vedrà affiancato dalla più applaudita artista popolare haitiana, l’affascinante cantante Emeline Michel.
Alla sua nativa Turchia e alle culture e tradizioni del Vicino Oriente ci riporta invece il recital di uno fra i grandi protagonisti del concertismo contemporaneo, il celebrato pianista Fazil Say (20 marzo), uno dei massimi interpreti della letteratura musicale romantica e post-romantica e altresì geniale compositore ed eccellente improvvisatore. Amante del jazz e profondamente influenzato dalla musica turca e dalle sue origini che affondano nel mondo bizantino, Say ha creato una serie di opere musicali evocative e incantatorie, di sapore arcaico e modernissimo al contempo, su cui improvvisa esibendo non solo le sue doti d’inarrivabile virtuoso ma anche una facondia narrativa del tutto fuori del comune, capace di arricchire estatiche melodie ascensionali, canti che sembrano emergere dalle viscere di un passato lontano e assai vicino: un’esibizione che si preannuncia unica come unico come artista è Say, cantore inarrivabile di un connubio affascinante fra Occidente e Oriente in cui sono racchiusi millenni di culture, tradizioni, arte, lingue, musiche e pensieri.
In un viaggio in Ungheria, attraverso il millenario incrociarsi fra tradizioni ebraiche e zingare, ci guida il grande trombettista Frank London (24 gennaio), conosciuto come solista dei Klezmatics così come eccezionale improvvisatore ed esploratore musicale alla corte di John Zorn. Alla vigilia della Giornata della Memoria, London, con The Glass House Project, ricorda le vittime della Shoa in Ungheria nel 1944 e la famosa Glass House (Casa di Vetro, Üvegház), in cui il diplomatico svizzero Carl Lutz dette rifugio a migliaia di ebrei a Budapest. Lutz (1895-1975) salvò 62000 ebrei dalla deportazione verso i campi di concentramento nazisti. Un’impresa ora riconosciuta come lo sforzo di salvataggio più grande che sia stato intrapreso nell’Europa dominata dai nazisti. Accompagnato da uno stuolo di artisti straordinari provenienti delle Americhe (come il chitarrista Aram Bajakian e il contrabbassista Pablo Aslan), dall’Ungheria e da Israele, London ripercorre le vicende di Lutz e della Casa di Vetro, facendo uso di una molteplicità di antiche fonti musicali ebraiche e zingare e creando un affresco intenso quanto lirico e appassionante.
L’acclamato Marc Ribot (22 novembre), chitarrista unico per inventiva e sofisticazione, accompagnato da uno strumentista come il mitico bassista Jamaladeen Tacuma (che molti ricorderanno al fianco di Ornette Coleman) e dalla chitarrista Mary Halvorson e dal batterista Grant Calvin Weston nonché da una sezione di archi, torna a Milano per presentare un omaggio, poetico quanto intrigante, alla grande soul music di Philadelphia degli anni Settanta, quando gruppi e artisti come MFSB, Gamble & Huff, O’Jays, la Salsoul Orchestra diffondevano in tutto il mondo il cosiddetto Philly Sound: un entusiasmante tuffo nel passato, ma senza alcuna intenzione rétro, piuttosto un’eccezionale lezione di musicalità e di perenne modernità enunciata da artisti di valore che nella tradizione trovano ancora spunti per arricchire i nostri tempi.
All’espressività del jazz, e proprio alla sua capacità di rinnovare costantemente la contemporaneità rileggendo la propria e l’altrui tradizione “Aperitivo in Concerto”, come ogni anno, dedica alcuni unici, straordinari eventi: innanzitutto, il recital, il primo in Italia (29 novembre), di Roger Kellaway uno fra i più grandi pianisti degli ultimi cinquant’anni di storia del jazz, un solista straordinario, enciclopedico, inventivo e raffinato che ha saputo collaborare nel mondo dello spettacolo a tutto tondo, come direttore musicale di Bobby Darin ma anche come collaboratore di artisti assai diversi fra di loro quali Sonny Rollins, Lena Horne, Barbra Streisand, Carmen McRae, Van Morrison, Joni Mitchell, Natalie Cole, Caterina Valente, Oliver Nelson, Liza Minnelli, Henry Mancini, Thad Jones, Lalo Schifrin, Clark Terry, Quincy Jones, Yo-Yo Ma, Red Mitchell, Eddie Daniels, Tony Coe, Ben Webster, Sonny Stitt. Un concerto che si preannuncia fuori dell’ordinario ed in cui Kellaway rileggerà alcuni capisaldi del cosiddetto Great American Songbook.
Altrettantov significativo è il ritorno a Milano (31 gennaio), dopo lunghissima assenza, di uno fra i più grandi artisti africano-americani, uno dei padri della Great Black Music di Chicago, il geniale pianista Muhal Richard Abrams, artista dallo straordinario passato e indiscussa autorità spirituale dell’AACM, “Association for the Advancement of Creative Musicians” (AACM) in cui confluirono i migliori musicisti di Chicago. Il suo è stato sempre un jazz sofisticatamente sperimentale in cui egli ha saputo portare tutta l’eredità della tradizione africano-americana riletta nella sua interezza, influenzando artisti diversi come Anthony Braxton, Leo Smith, Roscoe Mitchell, Marion Brown, Chico Freeman. Un concerto imperdibile, dunque in cui Abrams si presenta con l’eccezionale supporto del trombettista Jonathan Finlayson (già con Steve Coleman), del fenomenale vibrafonista Bryan Carrott, del contrabbassista Brad Jones e del batterista Reggie Nicholson.
Per finire, il tradizionale “Concerto di Natale” (13 dicembre) in cui, per la prima volta in Italia, si esibirà la straordinaria cantante Catherine Russell. Beniamina del pubblico newyorkese, vincitrice di un premio Grammy, star ospite ormai fissa del Lincoln Center, della Carnegie Hall e delle stagioni musicali firmate da Wynton Marsalis, la Russell è una fra le più grandi cantanti americane sulla scena internazionale. Figlia d’arte (la madre era Carline Ray, contrabbassista di Mary Lou Williams, il padre era il celebre band leader Luis Russell, a lungo direttore dell’orchestra di Louis Armstrong), per anni partner vocale in concerti e incisioni discografiche di David Bowie, è una straordinaria interprete del repertorio africano-americano degli anni Venti e Trenta. E proprio nella Harlem della Swing Era ci condurrà questo appassionante concerto, in cui la Russell è sostenuta da un gruppo di straordinari solisti e specialisti come il celebre chitarrista e arrangiatore Matt Munisteri (che molti ricorderanno più volte al Teatro Manzoni, sia come leader che come sideman della Millennium Territory Orchestra di Steven Bernstein), l’eccezionale batterista Dennis Mackrel e il trombettista Jon-Erik Kellso.
Domenica 8 novembre 2015, ore 11.00
ICP ORCHESTRA
Han Bennink, batteria
Ab Baars, sassofono tenore, clarinetto
Tobias Delius, sassofono tenore, clarinetto
Michael Moore, sassofono tenore, clarinetto
Thomas Heberer, tromba
Wolter Wierbos, trombone
Mary Oliver, violino, viola
Tristan Honsinger, violoncello
Gus Janssen, pianoforte
Ernst Glerum, contrabbasso
Dopo anni di assenza torna a Milano l’irriverente e stralunata ironia di uno fra i più importanti gruppi musicali europei dediti all’improvvisazione, in un connubio fra teatralità, happening, cultura popolare raffinatissima, jazz di ogni epoca, rilettura acuta della memoria. Come scrive Enrico Bettinello:Un collettivo indipendente che si avventura tra i mondi del passato e del futuro del jazz creando giochi di improvvisazione e combinazione. Fondata nel 1967 dal pianista Misha Mengelberg e dal batterista Han Bennink (che già nel 1964 avevano incrociato i destini degli ultimi mesi del mitico Eric Dolphy), insieme al sassofonista Willem Breuker, l’ICP (Instant Composers Pool) e la relativa etichetta sono una vera e propria leggenda della musica europea degli ultimi 45 anni. Nella sua attuale formazione troviamo improvvisatori come Michael Moore, Tristan Honsinger e Ab Baars. Esplorando le tantissime combinazioni tra gli strumenti (dal duo all’Orchestra), avventurandosi dentro la natura stessa dei linguaggi dell’improvvisazione, giocandoci, creando mondi in cui il passato e il futuro del jazz danzano assieme. Imperdibili!
Domenica 15 novembre 2015, ore 11.00
KLEZMERSON
Plays the Music of John Zorn – The Book of Angels: Amon
PRIMA EUROPEA –UNICA DATA ITALIANA
Benjamin Shwartz, viola, tastiere
Maria Emilia Martinez, flauto, voce
Juan Manuel Ledezma, chitarre
Marco Renteria, basso elettrico
Chali Mercado, batteria
Chatran Gonzales, percussioni
Daniel Zlotnik, sassofoni, clarinetto
Moises Garcia, tromba
Formidabile gruppo virtuoso messicano, Klezmerson combina melodie e ritmi della tradizione ebraica d’origine yiddish (come il klezmer) con influenze latinoamericane, caraibiche, zingare e mediorientali, facendo uso anche di strumenti peculiari come il dobro o la chitarra huapango, di un’orchestrazione che si rifà alla musica popolare messicana e di un linguaggio mutuato dal jazz, dal rock e dal funk. Un connubio particolarissimo e affascinante, che in scena acquisisce una dimensione inarrestabilmente spettacolare. Amatissimi da John Zorn, i Klezmerson, fra le tante pagine musicali, ne interpreteranno le composizioni appositamente scritte per loro dallo stesso Zorn nella sua applauditissima serie Book of Angels.
Domenica 22 novembre 2015, ore 11.00
MARC RIBOT & THE YOUNG PHILADELPHIANS
Marc Ribot, chitarre
Mary Halvorson, chitarre
Jamaladeen Tacuma, basso elettrico
Grant Calvin Weston, batteria
+ sezione archi TBA
Un grandissimo e atteso ritorno. Dalla teoria armolodica di Ornette Coleman all’energico ma poetico sound del soul di Philadelphia degli anni Settanta, il Philly sound degli O’Jays, degli MFSB, di Gamble & Huff: attorniato da una sezione d’archi e da virtuosi come il batterista Grant Calvin Weston, il celebrato bassista Jamaladeen Tacuma e la straordinaria e sempre più apprezzata chitarrista Mary Halvorson, l’ormai leggendario chitarrista Marc Ribot torna a Milano e compie una rilettura ardita e trascinante di alcuni superbi decenni di storia musicale americana che hanno saputo entusiasmare generazioni di ascoltatori in tutto il mondo.
Domenica 29 novembre 2015, ore 11.00
ROGER KELLAWAY – PRIMA E UNICA DATA ITALIANA
Roger Kellaway, pianoforte
Roger Kellaway è uno fra i più grandi pianisti degli ultimi cinquant’anni di storia del jazz, un solista straordinario, enciclopedico, inventivo e raffinato che ha saputo collaborare nel mondo dello spettacolo a tutto tondo, come direttore musicale di Bobby Darin ma anche come collaboratore di artisti assai diversi fra di loro quali Sonny Rollins, Lena Horne, Elvis Presley, Barbra Streisand, Carmen McRae, Van Morrison, Joni Mitchell, Natalie Cole, Caterina Valente, Oliver Nelson, Liza Minnelli, Henry Mancini, Thad Jones, Lalo Schifrin, Clark Terry, Quincy Jones, Yo-Yo Ma, Red Mitchell, Eddie Daniels, Tony Coe, Ben Webster, Sonny Stitt. Altri lo ricorderanno anche per la nomination all’Oscar come autore e arrangiatore della colonna sonora di È nata una stella. Infaticabile esploratore del Great American Songbook ed eccellente compositore, Kellaway presenterà un sofisticato e coinvolgente itinerario attraverso i grandi standard americani.
Domenica 13 dicembre 2015, ore 11.00 – CONCERTO DI NATALE
CATHERINE RUSSELL -PRIMA E UNICA DATA ITALIANA
Catherine Russell, voce
Matt Munisteri, chitarra
Mark Shane, pianoforte
Tal Ronen, contrabbasso
Jon-Erik Kellso, tromba
TBA, sassofoni
TBA, batteria
Beniamina del pubblico newyorkese, vincitrice di un premio Grammy, star ospite ormai fissa del Lincoln Center, della Carnegie Hall e delle stagioni musicali firmate da Wynton Marsalis, Catherine Russell è una fra le più grandi cantanti americane sulla scena internazionale. Figlia d’arte (la madre era Carline Ray, contrabbassista di Mary Lou Williams, il padre era il celebre band leader Luis Russell, a lungo direttore dell’orchestra di Louis Armstrong), per anni partner vocale in concerti e incisioni discografiche di David Bowie, la Russell è una straordinaria interprete del repertorio africano-americano degli anni Venti e Trenta. E proprio nella Harlem della Swing Era ci condurrà questo appassionante concerto, in cui la Russell è sostenuta da un gruppo di straordinari solisti e specialisti come il celebre chitarrista e arrangiatore Matt Munisteri (che molti ricorderanno più volte al Teatro Manzoni, sia come leader che come sideman della Millennium Territory Orchestra di Steven Bernstein), il conosciutissimo batterista Dennis Mackrel e il trombettista Jon-Erik Kellso.
Domenica 17 gennaio 2016, ore 11.00
ARTURO O’FARRILL AFRO-LATIN JAZZ OCTET
PRIMA E UNICA DATA ITALIANA
Più volte premiato con il Grammy Award, l’eccezionale pianista Arturo O’Farrill, figlio del celebre arrangiatore cubano Chico O’Farrill, è uno fra i più grandi e apprezzati esponenti del cosiddetto Latin Jazz, in cui le influenze afro-cubane si coniugano con l’improvvisazione jazzistica. Responsabile della programmazione “latina” presso il Lincoln Center, Arturo O’Farrill, già collaboratore di Carla Bley e di artisti quali Dizzy Gillespie, Steve Turre e Lester Bowie, dal 1995 è direttore della Chico O’Farrill Afro-Cuban Jazz Orchestra: dalle fila della stessa orchestra nasce l’Ottetto con cui si presenta per la prima volta al pubblico italiano e che mantiene intatta la strepitosa, travolgente carica ritmica e la capacità di ammantarla di una fenomenale varietà di colori.
Domenica 24 gennaio 2016, ore 11.00
FRANK LONDON ENSEMBLE
THE GLASS HOUSE PROJECT
PRIMA DATA ITALIANA – OMAGGIO ALLA GIORNATA DELLA MEMORIA
Frank London, tromba, tastiere
Béla Ágoston, sassofoni, flauto
Pablo Aslan, contrabbasso
Aram Bajakian, chitarra
Edina Szirtes Mókus, violino, voce
Miklós Lukács, cimbalom
Jake Shulman-Ment, violino
Yonadav Halevy, batteria
Frank London, acclamato trombettista, amato e popolarissimo solista dei Klezmatics, poeta della cultura musicale yiddish, con The Glass House Project ricorda le vittime della Shoa in Ungheria nel 1944 e la famosa Glass House (Casa di Vetro, Üvegház), in cui il diplomatico svizzero Carl Lutz dette rifugio a migliaia di ebrei a Budapest. Lutz (1895-1975) salvò 62.000 ebrei dalla deportazione verso i campi di concentramento nazisti. Un’impresa ora riconosciuta come lo sforzo di salvataggio più grande che sia stato intrapreso nell’Europa dominata dai nazisti, ma per più di cinquant’anni rimasta a giacere tra gli archivi governativi e i documenti di famiglia. La biografia racconta come Lutz, console svizzero a Budapest dal 1942 al 1945, abbia sfidato tutte le regole diplomatiche rilasciando documenti di protezione per decine di migliaia di ebrei ungheresi e mettendo a rischio la propria vita. Accompagnato da uno stuolo di artisti straordinari provenienti delle Americhe (come il chitarrista Aram Bajakian e il contrabbassista Pablo Aslan), dall’Ungheria e da Israele, London ripercorre le vicende di Lutz e della Casa di Vetro, facendo uso di una molteplicità di antiche fonti musicali ebraiche e zingare e creando un affresco intenso quanto lirico e appassionante.
Domenica 31 gennaio 2016, ore 11.00
MUHAL RICHARD ABRAMS QUINTET
PRIMA DATA ITALIANA
Muhal Richard Abrams, pianoforte
Jonathan Finlayson, tromba
Bryan Carrott, vibrafono
Brad Jones, contrabbasso
Reggie Nicholson, batteria
Torna dopo molti anni di assenza uno fra i più grandi artisti africano-americani, uno dei padri della Great Black Music di Chicago, il geniale pianista Muhal Richard Abrams, artista dallo straordinario passato e indiscussa autorità spirituale dell’AACM, “Association for the Advancement of Creative Musicians” (AACM) in cui confluirono i migliori musicisti di Chicago. Ha suonato con l’Art Ensemble of Chicago, con Joseph Jarman, Anthony Braxton. Il suo è stato sempre un jazz sofisticatamente sperimentale in cui egli ha saputo portare tutta l’eredità della tradizione africano-americana riletta nella sua interezza, influenzando artisti diversi come Anthony Braxton, Leo Smith, Roscoe Mitchell, Marion Brown, Chico Freeman. Un concerto imperdibile, dunque in cui Abrams si presenta con l’eccezionale supporto, fra gli altri, del trombettista Jonathan Finlayson (già con Steve Coleman) e del fenomenale vibrafonista Bryan Carrott.
Domenica 7 febbraio 2016, ore 11.00
DANIEL BERNARD ROUMAIN ENSEMBLE, feat. EMELINE MICHEL
PRIMA E UNICA DATA ITALIANA
Daniel Bernard Roumain è un fenomenale e sempre più seguito e applaudito violinista africano-americano di origine haitiana. Affermato compositore, da alcuni anni fa interagire jazz, rock, minimalismo, elettronica, hip hop e le sue origini haitiane in una serie di pagine musicali dal fortissimo e unico fascino che gli hanno procurato uno spettacolare successo negli Stati Uniti. Daniel Bernard Roumain si presenta per la prima volta in Italia e lo fa con un progetto dedicato proprio alla cultura musicale di Haiti, a quel mondo che è stato crocevia di culture e di schiavitù, un drammatico ponte fra l’Europa, l’Africa e le Americhe, oggi ancora martoriato dal catastrofico terremoto del 2010. Lo affianca un gruppo di eccellenti musicisti, fra i quali spicca la straordinaria cantante haitiana Emeline Michel, acclamata negli Stati Uniti come la “Joni Mitchell di Haiti”.
Domenica 28 febbraio 2016, ore 11.00
DAVID AMRAM QUINTET
PRIMA E UNICA DATA ITALIANA
David Amram, pianoforte, flauti, corno francese, percussioni
Vic Juris, chitarra
Rene Hart, contrabbasso
Kevin Twigg, batteria, glockenspiel
Adam Amram, percussioni
Si farebbe prima a dire con chi non ha collaborato David Amram, piuttosto che elencare integralmente le collaborazioni e le incisioni (Kenny Dorham, Curtis Fuller, Hampton Hawes, Oscar Pettiford, Hannibal Marvin Peterson, Betty Carter, Thomas Chapin, Lionel Hampton) e le amicizie e i legami artistici accumulati in decenni di creatività e di concertismo al più alto livello da questo compositore, cornista, pianista e figura di spicco in tutta la vita concertistica americana, equamente diviso fra musica accademica e l’improvvisazione jazzistica più onnivora e disinibita: Dizzy Gillespie, Lionel Hampton, Willie Nelson, Langston Hughes, Charles Mingus, Pepper Adams, Leonard Bernstein, Sir James Galway, Tito Puente, Mary Lou Williams, Arthur Miller, Arturo Sandoval, Stan Getz, Pete Seeger, Elia Kazan, Christopher Plummer, Ingrid Bergman, Odetta, Dustin Hoffman, Steve Allen, Machito, Earl “Fatha” Hines, Allen Ginsberg, Nina Simone, Gregory Corso, Bob Dylan, Steve Goodman, Gerry Mulligan, Sonny Rollins, Johnny Depp, Levon Helm, Betty Carter, Jack Kerouac, Charlie Parker, Thelonious Monk, Dimitri Mitropoulos, Miles Davis, Aaron Copland, Paquito D’Rivera, Gunther Schuller, Jackson Pollock, Joan Mitchell, Willem de Kooning, Franz Kline. Per la prima volta a Milano, questo artista straordinario (che celebrerà quest’anno il suo 85.mo genetliaco), che ha letteralmente fatto la Storia della musica, si presenta a capo di un quintetto di cui fa parte anche il noto chitarrista Vic Juris.
Domenica 20 marzo 2016, ore 11.00
FAZIL SAY
UNICA DATA ITALIANA
Fazil Say, pianoforte
Uno fra i più acclamati pianisti di musica classica dei nostri tempi, virtuoso e interprete eccezionale, Fazil Say coltiva da anni una feconda vena compositiva e improvvisativa. Amante del jazz e profondamente influenzato dalla musica turca e dalle sue origini che affondano nel mondo bizantino, Say ha creato una serie di opere musicali evocative e incantatorie, di sapore arcaico e modernissimo al contempo, su cui improvvisa esibendo non solo le sue doti d’inarrivabile virtuoso ma anche una facondia improvvisativa del tutto fuori del comune, capace di arricchire estatiche melodie ascensionali, canti che sembrano emergere dalle viscere di un passato lontano e assai vicino: un’esibizione che si preannuncia unica come unico come artista è Say, cantore inarrivabile di un connubio affascinante fra Occidente e Oriente in cui sono racchiusi millenni di culture, tradizioni, arte, lingue, musiche e pensieri.
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