FREE FALL JAZZ

La passione per i dischi a volte fa commettere degli errori imperdonabili, chi dice il contrario è in malafede. Voglio dire: io, per esempio, una volta ho comprato questo. Per dieci lunghi anni ho provato a rivenderlo a chiunque, dai negozi che accettavano la peggio merda fino a Greg Macintosh dei Paradise Lost: non l’ha voluto nessuno. Ora ci ho rinunciato: lo tengo (ben nascosto alla vista) a severo monito di cosa NON vada comprato. In realtà partendo dai dischi si potrebbero raccontare decine di storie: nostalgie canaglie, ma soprattutto (sarà un caso?) pazzie senza possibilità di redenzione (io stesso, anni fa, in un periodo del mercato già tutt’altro che incoraggiante, sono stato vicinissimo a rilevare il negozio di dischi che ho frequentato per quasi due lustri: beata incoscienza).

Tutto questo per dire che oggi, 25 Novembre, cade il cosiddetto Black Friday, quel venerdì (di solito a ridosso del thanksgiving americano) in cui le multinazionali dell’audiovisivo decidono di far uscire più o meno contemporaneamente tutti quei titoli destinati a spopolare durante il boom di vendite natalizio. Quelli del famigerato Record Store Day (che si celebra ogni anno ad Aprile) hanno pensato bene di proclamare il loro Black Friday mettendo in vendita alcune uscite esclusive presso una serie di negozi che aderiscono all’iniziativa, non solo americani ma anche europei: inglesi, olandesi, tedeschi, francesi. Italia nulla, manco a dirlo. Per carità, difficilmente mi sentirete fare discorsi tipo prima era tutta campagna, si stava meglio quando si stava peggio, rondini, primavere, eccetera: internet (inteso come mezzo per l’acquisto di supporti fisici, non scaricaggio selvaggio) è stata una manna sia per l’assortimento (decine di migliaia di titoli a portata di clic, comprese cose che prima ai nostri soliti posti non arrivavano manco su ordinazione e giù bestemmie), sia per il prezzo assolutamente concorrenziale sul nuovo (e no, non si tratta di risparmiare solo un paio di euro come a volte cercano di farci credere). Nonostante ciò, il rituale dell’acquisto in negozio resta un piacere insostituibile: spulciare tra decine e decine di dischi usati in cerca della gemma nascosta in mezzo a quintali di letame, entrare senza avere bene idea di cosa acquistare e uscire con buste piene di roba che fino a un’ora prima non sapevamo neanche di volere, restare perplessi davanti a copertine dimenticate da Dio e da Satana, ritrovare quel cofanetto di Duke & Dizzy che avevi rivenduto altrove quando da ragazzino non ti fregava nulla del jazz, chiacchierare con commessi che chiedono se la tua maglietta dei Six Feet Under sia della serie TV e cercano di venderti un disco di Gonzales alla modica cifra di 18 euro e cinquanta, esultare dopo aver trovato in maniera del tutto inaspettata proprio quell’album che cercavamo da secoli.

Fa piacere che ogni anno ad Aprile qualcuno si ricordi di queste cose e celebri il Record Store Day acquistando un disco in un vero negozio (catene come Fnac, Feltrinelli e centri commerciali non fanno testo, già sapete), ma fa ancora più piacere sapere (o meglio, sperare) che ci sia gente per la quale qualunque giorno dell’anno è buono per essere un Record Store Day. Never stop the madness. (Nico Toscani)

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