Cosa succede quando tre studenti della New School for Jazz and Contemporary Music di New York decidono di unire le forze per far ballare la gente? Qualcosa come i Moon Hooch, probabilmente. I sassofonisti Mike Wilbur e Wenzl McGowen e il batterista James Muschler sono partiti da un’idea molto semplice, ovvero suonare in maniera “naturale” una musica solitamente eseguita dal pc, la house music, portandola così ad uno stato organico e primitivo: la “cave music”. La house si basa su pattern ritmici martellanti, progressive variazioni timbriche e basilari cellule melodiche, il tutto funzionale al ballo. La cave dei Moon Hooch, fondamentalmente, ne è una fedele trasposizione: ogni brano di questo esordio ha proprio un ritmo martellante e un tema elementare, di presa rapidissima. Dopo l’esposizione del tema un sax resta su un riff o due mentre l’altro improvvisa, nei limiti concessi da una pulsazione frenetica, attorno al tema e al riff stesso. Ed ecco servite pure le variazioni di suono! Gli attacchi bruschi, i bassi robusti e vibranti, l’ampio utilizzo di squeak e honk ripercorrono la linea che ancora unisce jazz e ballo, passando da rhythm’n'blues e funk fino a quella lontanissima filiazione mutante che è la musica house. E ritorno, come in un paradossale loop. Solo la conclusiva ‘Mega Tubes’, ospite la cantante Alena Spanger, esce dalla formula e si risolve in una loffia canzoncina, prototipo del secondo disco dei Moon Hooch, il pessimo ‘This Is Cave Music’ (non lo recensiremo).
I Moon Hooch non suonano jazz, ma è interessante come lo utilizzino per concretizzare la loro cave music, lavorando creativamente in uno spazio di manovra per scelta angusto. L’album può essere ascoltato gratuitamente su Bandcamp.
(Negrodeath)