FREE FALL JAZZ

Archive for " gennaio, 2015 "

Orrin Evans è di casa allo Smoke, uno dei jazz club più vivi e frequentati di New York. Non poteva che essere lui, quindi, uno dei primi musicisti ad incidere per la neonata Smoke Sessions, una nuova casa discografica collegata al locale. Per l’occasione, un quintetto nuovo di zecca: era infatti da ‘Easy Now’ del 2005 che il pianista si era dedicato al trio e, più recentemente, all’orchestra. Chiamando a raccolta vere e proprio stelle contemporanee come Sean Jones (tromba), JD Allen (tenore), Luques Curtis (contrabbasso) e Bill Stewart (batteria), Evans dedica ‘Liberation Blues’ all’amico contrabbassista Dwayne Burno, scomparso poche settimane prima per una malattia ai reni. Ed infatti ‘Liberation Blues’ è pure il titolo della suite omonima – cinque brani, due dei quali originali di Burno, ‘Devil Eyes’ e ‘Juanita’. (Continua a leggere)

Non c’è mai stata troppa fortuna per nessuno di questi due grandi tenoristi. Per Von Freeman, una carriera da leader iniziata solo nel 1972, possiamo parlare di una vita dedicata principalmente all’insegnamento; per Clifford Jordan, una vita da girovago all’insegna della versatilità (Eric Dolphy, Charles Mingus, Horace Silver, JJ Johnson, Andrew Hill, Max Roach fra i tanti). Proprio per questo li ricordiamo con questo bell’estratto da un concerto del 1988.


Queste incisioni rappresentano l’inizio della carriera da leader di Art Farmer, che fino a quel momento aveva suonato presso vari altri musicisti, non ultimo Lionel Hampton, che lo schierava nella sezione delle trombe assieme a Clifford Brown e Quincy Jones. Proprio quest’ultimo sarà il braccio destro del buon Art nella prima incisione a suo nome, per la Prestige nel 1953. Si tratta di quattro brani in settetto dove Jones siede al pianoforte e si occupa degli arrangiamenti, mentre l’anno successivo un altro settetto, forte della penna di Gigi Gryce, ne inciderà altri quattro. In entrambe le sessioni si avverte l’influenza del ‘Birth Of The Cool’ di Miles Davis: registri alti (tromba, tenore) e gravi (sax baritono, trombone) in combinazioni dal suono leggero e arioso, con in più un colore complessivo scuro che fa risaltare la tromba sobria ed elegantissima di Art Farmer. (Continua a leggere)

Esce questa settimana ‘Infanticide’, nuovo disco della brava contrabbassista e compositrice  romana. Di sicuro ne parleremo diffusamente pure qui, fra recensioni e (speriamo) interviste. Oggi vi proponiamo un estratto dal brano ‘Hitori’. Si nota un bel taglio molto hard – al punto che sembra quasi di sentire i Tool con un robusto sax al posto della voce. La curiosità verso il resto del disco, naturalmente, è molta.


Basta, non se ne può più. Mistificazioni sul jazz spacciate per autentica informazione culturale ormai se ne leggono in continuazione, ma quella faccenda che si protrae da sin troppo tempo di Nick La Rocca e la supposta primogenia italica del jazz, spacciata per fatto assodato, che va avanti da alcuni anni con la compiacenza di organi di stampa nazionali e del servizio pubblico televisivo, è davvero non tollerabile oltre, quanto per altri versi sintomatica dello stato di incultura musicale e jazzistica coltivata e raggiunta dal nostro paese. (Continua a leggere)

Se da noi Arturo O’Farrill è un perfetto sconosciuto, oltreoceano le cose cambiano. Non solo il suo ultimo album, il bellissimo ‘The Offense Of The Drum’, ha ricevuto una nomination per il Grammy, ma Arturo è pure fondatore e leader della Afro Latin Jazz Alliance, un’organizzazione che promuove l’Afro Latin Jazz attraverso un vasto programma di concerti ed educazione. Un esempio di concerto è questo, con l’Afro Latin Jazz Orchestra al servizio del compositore Gregorio Uribe e della sua ‘Suite: Columbia’.


Facebook permette di curiosare nelle vite altrui (o, se preferite, farsi i cazzi degli altri), nella misura in cui gli altri parlano del proprio privato su Facebook. Ma permette pure di osservare cose molto più leggere, come le chiacchiere su qualsiasi argomento. (Continua a leggere)

James Farm non è il nome di una persona, ma di una band, un quartetto di stelle come Joshua Redman (sax), Aaron Parks (piano), Matt Penman (basso) ed Eric Harland (batteria). Pubblicato nel 2014, ‘City Folks’ è il secondo album dei James Farm, un lavoro che conferma tutti i pregi già evidenziati nell’esordio (a furia di “domani lo recensisco” è arrivato il seguito, mea culpa!): temi orecchiabili, quasi pop, vicini a Keith Jarrett e Charles Lloyd, sviluppati in brani molto compatti e ben articolati. E moderni, al punto che armonie e ritmi sarebbero adatti a dischi alternative, indie-folk e rock, ma vengono manipolati secondo una prospettiva jazz contemporanea. Si distinguono, in primo luogo, i poderosi groove di Penman e del fantastico Eric Harland: il loro inarrestabile dinamismo fornisce un’infinità di spunti a piano e sax. (Continua a leggere)

I primi quattro lunedì di marzo, Piero Bittolo Bon e Alfonso Santimone saranno impegnati nell’elaborazione di un ciclo didattico dedicato all’approfondimento di strategie improvvisative e a repertori poco battuti all’interno dei canali “ufficiali” dell’insegnamento jazzistico. (Continua a leggere)

Recentemente scomparso, Sam Rivers è uno di quei maestri che saputo lavorare guardando sempre avanti, ma sempre e comunque nel solco della musica afroamericana. Questo bel concerto in trio del 2002 lo testimonia. Sam Rivers è simpatico e scherza col pubblico della First Existentialist Congregation di Atlanta, alternando vari strumenti a fiato.


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