Da oggi parte l’ora legale, quindi potrete permettervi di passare la mezz’ora guadagnata a vedere ed ascoltare il sestetto di Cannonball Adderley, vero?
Dopo un album eclettico come ‘Moments’, uscito in sordina nel 2010, il giovane sassofonista James Brandon Lewis inaugura il suo contratto con la rinata Okeh (avete letto bene) con ‘Divine Travels’, un nuovo lp nel classico formato sax-basso-batteria. Gli esempi illustri in tal caso si sprecano, e certo confrontarsi coi nomi di Sonny Rollins, Joe Henderson, Branford Marsalis o Joe Lovano, per esempio, non è la cosa più facile del mondo. Tuttavia James può contare su una sezione ritmica strepitosa formata da due suoi mentori, ovvero William Parker (contrabbasso) e Gerald Cleaver (batteria); affermare che a questo punto il disco si fa da solo è ingeneroso e scorretto, ma allo stesso tempo la chimica speciale fra i tre si sente. (Continua a leggere)
Ci siamo occupati da poco dell’ultimo, strepitoso album di Karl Denson e dei suoi Tiny Universe, quindi battiamo il ferro finché è caldo: ecco una clamorosa esibizione dal vivo, registrata al The Blockley di Philadelphia solo pochi mesi fa, per due ore di rovente jazz funk.
I Tarbaby sono solo un’altra emanazione della personalità artistica di Orrin Evans, in congiunzione con Eric Revis (basso) e Nasheet Waits (batteria). I tre amici concepiscono i Tarbaby come un gruppo paritario, senza leader, a cui aggiungere di volta in volta ospiti: così è stato in tutte le precedenti pubblicazioni (val la pena di nominare lo splendido ‘The End Of Fear’, la cui recensione attende da tempo nel cimitero delle buone intenzioni), e questo disco non fa eccezione. Troviamo di nuovo il sax di Oliver Lake e, per la prima volta, la tromba di Ambrose Akinmusire. I tredici brani di ‘Ballad Of Sam Langford’ non sempre hanno temi definiti o groove fissi, più che altro partono da qualche elemento minimo e poi si sviluppano liberamente, per durate che non superano i sette minuti. (Continua a leggere)
“Ascoltai quello che mi sembrava un sax tenore. Il chitarrista lo vedevo ma non lo sentivo, chiesi dove fosse. Poi mi resi conto che quel suono, quella specie di sassofono, usciva da uno spartano amplificatore attaccato a una chitarra. Era la cosa più stupefacente che avessi mai sentito. Mi ispirò così tanto, tutto ciò che volevo fare era imitarlo”.
Quel chitarrista era un Charlie Christian poco più che ventenne ricordato dalle parole di Mary Osborne, ragazza del North Dakota che quella sera del 1938 di anni ne aveva soltanto 17 e già da un po’ si cimentava con la chitarra, folgorata da Django Reinhardt. Proprio la comune passione per il chitarrista manouche si sarebbe rivelata base di una solida amicizia tra i due, con Christian che si trasformerà in una sorta di mentore per la ragazza, guidandola nell’acquisto della sua prima chitarra elettrica. Siamo in tempi assolutamente pionieristici: prima di loro due in ambito strettamente jazz l’unico ad aver già adottato un’innovazione di quel tipo era Eddie Durham con i Kansas City Six di Lester Young. (Continua a leggere)
Eric Revis, grande bassista di Branford Marsalis, sta per tornare sul mercato con un nuovo album su Clean Feed, ‘In Memory Of Things Yet Seen’ che l’emittente radio WBGO ci permette di ascoltare in streaming proprio qui. L’ascolto si rivela molto interess… ehi, verificatelo da soli!
Una grande attenzione alla contemporaneità, all’innovazione e alla ‘costruzione’ musicale: sono questi alcuni tra i caratteri di CREI (Composizione, Ricerca e Improvvisazione) neonato ensemble a geometria variabile, fondato e diretto dal sassofonista Nicola Fazzini in collaborazione con il progetto MusiCafoscari dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e l’etichetta musicale nusica.org, che vede una nutrita front-line di strumenti a fiato e una vigorosa sezione ritmica a ‘creare’ (come già dice il nome) un suono che evoca sì il jazz ma che ha l’ambizione di rappresentare e interpretare il luogo, il tempo e la realtà in cui viviamo e in cui siamo quotidianamente immersi. (Continua a leggere)
Art Tatum è uno dei grandi maestri del piano jazz, sebbene a livello critico la sua figura non sia stata ancora approfondita troppo. Su YouTube adesso è possibile reperire ‘The Art Of Jazz Piano’, l’unico documentario esistente sul genio di Toledo. E quindi, eccovelo!
La Jazztone fu una casa discografica dalla vita molto breve, appena due anni dal 1955 al 1957, simile in filosofia alla Verve di Norman Granz: grandi maestri del jazz, molti dei quali provenienti dalla swing era, impegnati in stimolanti jam session. Fu coniato lì in un certo senso il concetto di “mainstream”, così come l’idea di una musica accessibile e allo stesso tempo integra, lontana da tentazioni “proto-smooth”. Questa raccolta della Fresh Sounds raccoglie tutto il materiale pubblicato dal grande vibrafonista su Jazztone, accompagnato da una formazione di assi come Jimmy Cleveland (trombone), Ray Copeland (tromba), Lucky Thompson (tenore), Oscar Pettiford (contrabbasso), Oscar Dennard (piano) e Gus Johnson (batteria), quasi tutti destinati a carriere di affidabili turnisti e professionisti. (Continua a leggere)
I Foursome da Bologna si inseriscono perfettamente in quella nidiata di nuovi jazzisti tricolore di cui spesso ci siamo ritrovati a parlare su queste pagine. Musicisti che parlano linguaggi tra loro a volte anche assai diversi, accomunati però da almeno almeno un paio di assunti: l’età relativamente giovane e una predisposizione alla contaminazione in cerca di idee fresche (che non si trasformano in una scusa per sciorinare pretenziosità, come talvolta accade). E poi, ovviamente, la passione per il jazz. Tutti elementi che nei Foursome non facciamo fatica a individuare, basti pensare che le cover presenti nelle loro scalette live spaziano da Benny Golson ai Kraftwerk.
La formazione è atipica: tromba e trombone supportati da batteria e hammond. Proprio quest’ultimo, a cura di Giulio Stermieri (autore di tutti e sette i brani in scaletta) è il fulcro del sound, sdoppiandosi in più ruoli (Continua a leggere)