FREE FALL JAZZ

Live's Articles

La location del Tempio Di Nettuno, in mezzo ai resti d’epoca romana, è suggestiva e sarebbe stata una cornice magnifica per il concerto di Cyrus Chestnut e i suoi. Dico sarebbe, perchè un acquazzone mattutino ha spinto gli organizzatori a optare per la prudenza e spostare in fretta e furia l’esibizione in un piccolo gazebo presente nel parco stesso. Ma va bene anche così: ci siamo goduti dell’ottimo jazz a distanza estremamente ravvicinata.

Di Chestnut abbiamo già parlato in precedenza su queste pagine: si tratta di uno dei pianisti più solidi del panorama mainstream americano, con una proprietà di linguaggio che attraversa decenni di jazz fino a toccare radici intrise di blues e di gospel. Il trio è completato da una sezione ritmica dal pedigree impressionante: Buster Williams al basso, Lenny White alla batteria. La stessa formazione, dunque, autrice del recente ‘Natural Essence’. Proprio quest’ultimo costituisce il fulcro della scaletta, anche se stasera i nostri sembrano avere una marcia in più rispetto al (pur buon) disco. In particolare, a giovarsene è la ‘Mamacita’ che fu di Joe Henderson, ora davvero travolgente, ma anche i momenti più calmi,  come la “notturna” ‘Faith Amongst The Unknown’, risultano altrettanto incisivi. (Continua a leggere)

Facendo un sunto della 38ª edizione del Bergamo Jazz Festival che ha visto l’esordio della appassionata e presenzialista direzione artistica di Dave Douglas, si potrebbe semplicemente utilizzare senza enfasi l’aggettivo “riuscito”, con tutti gli obiettivi iniziali sostanzialmente raggiunti. (Continua a leggere)

Il concerto del quintetto di Steve Lehman doveva essere molto atteso, almeno a giudicare dal pubblico. Il Teatro S.Andrea di Pisa, ricavato da una chiesa sconsacrata, era infatti strapieno. Lehman e i suoi non si sono certo risparmiati, con una performance intensa, energica, ma non priva di perplessità – due in particolare. (Continua a leggere)

La domenica è solitamente giorno nel quale il pranzo rappresenta il clou della festa, ricco di quelle pietanze difficili da preparare e gustare durante la settimana lavorativa. Essere appassionati di musica, e in particolare di jazz, abitando in regione Lombardia, significa sostituire senza remore di sorta certe prelibatezze culinarie con altre di genere musicale che manifestazioni come Aperitivo in Concerto sono in grado di assicurare. Questa domenica, il menù prevedeva la presenza sul palco in prima assoluta italiana dell’ottetto del pianista, compositore e big band leader newyorkese di origine cubana Arturo O’ Farrill. (Continua a leggere)

Chi scrive è tutt’altro che un esperto di jazz – di cui possiedo una conoscenza ferma ai nomi fondamentali e nel complesso molto felice – ma ha le due grandi fortune di essere stato folgorato all’ascolto del magnifico ‘Live at Newport’, su consiglio dell’ottimo Negrodeath, e di trovarsi a vivere a Dublino, città dove Mr. Scott è tornato ad esibirsi (per la terza volta in vita sua, dice lui) in una tranquilla serata di metà Novembre. (Continua a leggere)

Concerti come quello sentito domenica scorsa spiegano meglio di altri il successo di una manifestazione ormai consolidata come Aperitivo in Concerto, che quest’anno ha vissuto una sequenza di date regolarmente sold out, quasi indipendentemente dalla musica proposta sul palco del teatro Manzoni, riuscendo nel tempo a creare un rapporto fiduciario con il proprio pubblico, ormai sicuro della buona qualità dei progetti musicali presentati. (Continua a leggere)



Nelle note scritte sul libretto di sala per il concerto, la direzione artistica sottolineava come, almeno per il pubblico italiano, Roger Kellaway sia una sorta di “segreto ben nascosto”. Un fatto in prima istanza poco spiegabile, considerato il valore oggettivo del settantaseienne pianista, compositore e improvvisatore di consolidata fama e di lunga carriera, non solo in ambito canonicamente jazzistico. (Continua a leggere)

Non ascoltavo dal vivo Dave Douglas dal 2006, quando suonò a Milano ad Aperitivo in Concerto con Donny Mc Caslin al tenore e mercoledì sera ho potuto risentirlo al Teatro Donizetti di Bergamo, nell’esibizione del suo ottimo e roccioso odierno quintetto composto da musicisti del valore di Matt Mitchell al piano, Jon Irabagon al sax tenore, l’eccellente Linda Oh al contrabbasso e lo stupefacente Rudy Royston alla batteria, in un concerto previsto all’interno del vasto programma di “Bergamo Scienza”, edizione 2015. (Continua a leggere)

Tigran Hamasyan è considerato in ambito di pianismo improvvisato il fenomeno del momento, e si sa che oggi il jazz vive molto (purtroppo) di fenomenologie e mode, che talvolta mostrano nel tempo dubbia consistenza musicale. Pianista armeno di ispirazione jazzistica e di fama ormai internazionale (premiato nel 2006 da Herbie Hancock, al Thelonious Monk Institute of Jazz come “miglior piano jazz”), il ventottenne Hamasyan si preparava domenica scorsa ad esibirsi nella chiesa di Santa Maria Maggiore, situata in Piazza Vecchia in Bergamo Alta, nell’ambito di “Contaminazioni contemporanee”, manifestazione inserita nel ricco e vario programma di “Bergamo Scienza” edizione 2015, proponendo il suo ultimo progetto “Luys i Luso”, ossia “luce dalle luci” basato su reinterpretazioni di musiche sacre armene. (Continua a leggere)

Proprio qualche giorno fa, in un dialogo virtuale tra me e altri due prodi imbrattapagine di FFJ come Negrodeath e Maurizio, si parlava delle esibizioni dal vivo di Steve Coleman, uno che si è ormai consolidato la fama di musicista capace di alternare serate superlative ad altre in cui sembra limitarsi a svolgere il compitino o poco più. Maurizio raccontava di averlo appena visto a Saalfelden in un set dall’approccio piuttosto scolastico, il che mi metteva addosso la giusta dose di ansia, visto che io Coleman avrei dovuto vederlo a Pomigliano Jazz poco dopo. Quale versione mi sarei trovato davanti? (Continua a leggere)

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