FREE FALL JAZZ

Speciali's Articles

Alla prima parte | Alla terza parte

E’ soprattutto grazie alla pratica religiosa che gli schiavi riuscirono ad evadere con successo dalle vie obbligate della cultura bianca[22]. Durante le loro riunioni segrete, tenute di notte e in luoghi nascosti o inaccessibili, gli africani-americani esorcizzavano le pressanti angosce prodotte dal sistema schiavistico grazie ad un’eccitazione spirituale collettiva. La loro musica, di derivazione ancora marcatamente africana, contribuiva a rafforzare i sentimenti identitari della comunità africana-americana, mentre la danza, orientata su schemi prevalentemente circolari, consentiva loro di trasgredire l’impostazione prettamente lineare delle forme d’espressione fisica allora usuali negli Stati Uniti. (Continua a leggere)

Alla seconda parte

Abbiamo il piacere di proporvi sulle colonne di Free Fall Jazz un nuovo saggio di Gianni M. Gualberto, che affronta in questa occasione un tema poco o nulla frequentato dalla musicologia jazzistica e che crediamo vada a colmare, almeno in parte, una discreta lacuna nelle conoscenze intorno a quella complessa e intrecciata realtà culturale costituita dalle musiche africano-americane. Si tratta dell’aspetto spirituale e religioso in musica sviluppato dall’etnia afro-americana venuta in contatto con la cristianità sul territorio americano, sin dai tempi della deportazione e della schiavitù. (Continua a leggere)

1988-Bley

Occorre tornare ai grandi problemi del passato, ma per dire ogni volta qualcosa di più senza ripetersi mai, guardando sempre avanti”.

In questo virgolettato pronunciato da Paul Bley in una vecchia intervista condotta a fine anni ’80 da Franco Fayenz per Musica Jazz, è racchiuso tutto il senso stesso di cosa egli intendesse con la parola “avanguardia” nel jazz e nella musica improvvisata, certo qualcosa di molto diverso dal significato un po’ stereotipato con il quale il jazzofilo medio intende oggi tale termine. (Continua a leggere)

sonny_stitt

Pubblichiamo questo saggio scritto per Musica Jazz e uscito nel numero di Marzo dello scorso anno, su gentile concessione del direttore del magazine Luca Conti, che ringraziamo per la cortesia. Il testo potrebbe essere leggermente differente da quello pubblicato in quanto nella sua versione scritta originaria, poi adattata con le opportune correzioni delle bozze per la rivista, ma nella sostanza cambia poco. Inoltre, sono stati aggiunti numerosi link musicali in modo da rendere la lettura accompagnata dalla musica per chi volesse usufruirne, sfruttando la multimedialità permessa dalla rete. (Continua a leggere)

WayneShorter_1_byRobertAscroft-1358450704_b

 L’influenza di Wayne Shorter in veste di improvvisatore sulle più recenti generazioni di sassofonisti è vasta ed evidente. Il suono, il senso del ritmo, il fraseggio e la scelta delle note lo identificano facilmente e lo caratterizzano per originalità ed ingegno. (Continua a leggere)

Questo breve testo nasce da una serie di incomplete annotazioni sull’accoglienza riservata ad alcune strutture linguistiche nate in seno al jazz ma annoverate e criticate come spurie. Trattasi, perciò, di nient’altro che spunti e frammenti che verranno approfonditi in altro scritto.

Mi sono di recente trovato a rileggere un lontano scritto di Franco Pecori pubblicato da Jazz From Italy nella sua pagina Facebook: Nessun’arte, e nemmeno la musica, è mai pura; questo è un equivoco idealistico. Altrimenti, non si capirebbe la nascita e la relativa fioritura della dodecafonia proprio nella Vienna degli anni tra le due guerre; e neanche si capirebbe l’esplosione del free negli anni Sessanta, in un tipo di società impostata sull’imperialismo economico, seriamente minata dall’alienazione dei consumi e lacerata da profondi contrasti razziali. Mi ha provocato non poche perplessità l’idea di “inevitabilità” (un sotto-prodotto del progresso in senso marxiano), come se, in fondo, esista un Fato (o una giustizia storica o una qualsiasi logica ferrea e stringente) che cerchi di controbilanciare con le sue azioni altre azioni ancora, prodotte da se stesso o da un altro Fato avverso, o da altra logica umana o cosmica. (Continua a leggere)


Il musicologo e direttore artistico di “Aperitivo in Concerto” Gianni Morelenbaum Gualberto ci ha spedito per la pubblicazione in rete un interessantissimo contributo scritto, che propone una attenta riflessione sulla figura artistica, spesso immotivatamente sottovalutata, di Oscar Peterson. Si tratta in realtà, precisa Gualberto, di note introduttive scritte di un fiato, in vista di un saggio in preparazione che andrebbe ad analizzare in dettaglio la sua opera e il suo contributo. Lo ringraziamo per la gradita opportunità che ha voluto riservarci. (Continua a leggere)

Normalmente, quando facciamo un Picture This, scriviamo due paroline due per introdurre musicista e filmato, niente di che. Stavolta però è il caso riportare integralmente il commento del nostro Riccardo Facchi a questo splendido concerto del Modern Jazz Quartet. (Continua a leggere)

Scoprire nel 2015 e all’alba dei suoi 70 anni, che il personaggio Jarrett faccia ancora discutere più del musicista  fa abbastanza sorridere. Frasi come: “Sono contro Jarrett”, o persino, “Odio Jarrett”, che ci è capitato recentemente di leggere sui social della rete, lasciano come minimo perplessi, specie se pronunciate da chi il musicista lo fa di professione e magari con risultati artistici difficilmente paragonabili. Peraltro, è ben curioso che certe invettive rivelino tra le righe scarsa conoscenza della sua musica. Mi pare che certi termini siano più conformi a luoghi come le curve degli stadi che riservabili ad un dibattito sulla musica, magari con pretese “colte” e peraltro l’odio  è sentimento che affonda solitamente le proprie radici nell’ignoranza. (Continua a leggere)

Quanti articoli abbiamo letto, e si leggeranno ancora, sul periodo elettrico di Miles Davis? Una marea, destinata col tempo a crescere sempre più. Questo sebbene la maggior parte degli articoli in questione caschi in due categorie precise, ovvero la lista degli aneddoti relativi alle registrazioni di ‘Bitches Brew’ (assicurandosi di nominare Hendrix e il festival di Woodstock almeno una volta), oppure l’inquadramento di questo periodo all’interno di un non meglio specificato percorso di elevazione – verso una qualche avanguardia, verso il rock più soporifero e velleitario, verso entrambi, l’importante è chiarire come il jazz fosse ormai alle spalle di Miles Davis, intenzionato a non voler fare più quella roba da negri. (Continua a leggere)

« Newer Entries Older Entries »