FREE FALL JAZZ

carlo cimi's Articles

Come un polipo che ha solo una testa ma con i tentacoli esplora l’ambiente circostante in molte direzioni, come una creatura negli abissi marini si muove questo buon gruppo di improvvisatori formato da Alberto Collodel (alto and bass clarinet, korg monotron), Marcello Giannandrea (bassoon), Nicola Negri (trumpet), Niccolò Romanin (drums), Giambattista Tornielli (cello), Luca Ventimiglia (vibraphone), Piero Bittolo Bon, musicista che è da tempo garanzia di buona musica (alto and baritone sax, flute, electronics), e che vede come leader e compositore Riccardo Marogna (clarinet, bass clarinet, tenor sax).
L’album si intitola Oktopus Connection, registrato live ad Aprile del 2013 allo Spazio Clang di Padova (non sapete cos’è? proprio qui su FreeFallJazz troverete un’intervista che vi illuminerà). Il suono è ben curato dallo studiomobile80, l’etichetta è Setola di Maiale. (Continua a leggere)

Doppio sogno… Buon segno!

Alludere, rimandare ad un oggetto fuori dal campo visivo, lasciare che l’aria scorra nella musica. Stiamo parlando di ‘Doppio Sogno’ un disco caldo caldo uscito nel 2014 per Dodicilune.

Solo una chitarra acustica e un sax, nulla di più e nulla manca, e il merito è del chitarrista Massimo Garritano: diamo a Cesare ciò che gli spetta, il suo lavoro di sostegno ma soprattutto le atmosfere che crea senza l’aiuto di effettistica (solo nell’ultima traccia si percepisce l’uso discreto della loop-station) sono segno di una maturità musicale che meriterebbe più attenzione nel panorama nazionale; i momenti di chitarra solo all’interno del disco sono davvero notevoli e all’occorrenza sa essere nervoso e stimolante per il solista. (Continua a leggere)

COGNOME: Balducci
NOME: Pierluigi
LUOGO E DATA DI NASCITA: Bari 3 Ottobre 1971
PROFESSIONE: Bassista elettrico
PRINCIPALE ATTITUDINE CRIMINALE: pretendere di fare del Jazz in Italia.
CAPI D’ACCUSA: UNO – Produzione di svariati lavori discografici a suo nome, l’ultimo dei quali in collaborazione con terroristi e narcotrafficanti di fama internazionale come John Taylor, Paul McCandless e Michele Rabbia. DUE – Attivista didatta, divulgatore di informazioni e saperi presso le nuove generazioni, che vengono dunque irrimediabilmente deviate con dichiarazioni del tipo (cito alla lettera): “…superamento degli steccati e delle barriere tra le musiche e soprattutto tra le due estetiche – quella eurocolta e quella afroamericana […] non me ne vogliano i puristi, dei quali, programmaticamente, ci faremo un baffo”. Bach on the bass. Salatino Edizioni Musicali, 2009. (Continua a leggere)


Foto di Roberta Fusco

I CD stanno in un cartoncino dentro una busta di plastica, semplice…anche troppo! Ma se il packaging non è dei più lussuosi, se il numero di copie è limitato, se non ci si può permettere lo studio di Abbey Road, se oltre alla musica bisogna curare anche la grafica… pazienza. I margini entro cui si muove Luca Pissavini (contrabbassista e fondatore della piccola ma prestigiosa Bunch Records) sono stretti in questi tempi di melma, ma visto che la musica proposta è buona, allora tutti i limiti si tramutano in spezie… e aggiungono sapore a un buon piatto. Ho incontrato e conosciuto quest’omone lombardo al quale mi è sembrato interessante porre alcune domande.

Parlaci un po della Bunch Records. Vorremmo sapere da quanto tempo è attiva, quanti e quali lavori ha pubblicato, se c’è o meno una direzione musicale o un’idea di fondo, chi sono i musicisti presenti in catalogo, come avviene la distribuzione.
Ciao caro Carlo, innanzitutto grazie per la possibilità di parlare di BUNCH Records! L’etichetta nasce all’incirca a Marzo 2013 da un’idea folle: avevo dei dischi miei da pubblicare, ma le proposte artistiche di varie etichette non mi soddisfacevano – la sparo forte – sia per tempistiche che per soldi da investire. Ho deciso così di mettermi in proprio, stare ai miei tempi  e alle mie possibilità, decidendo quando e come far uscire i miei progetti. Finora abbiamo pubblicato otto lavori, che potete trovare ed ascoltare sul sito; dico “abbiamo” perché la musica ė di chi la scrive e la suona, e quando si pubblica per BUNCH Records ci  si  prende le proprie responsabilità. Riguardo ai musicisti ti dico la verità: sono amici, compagni d’avventura, colleghi, matti, sognatori, performer e geni, che come me hanno creduto nell’autoproduzione e nella diffusione dal basso, facendo concerti e macinando chilometri, come si faceva una volta. (Continua a leggere)

Se scendi alla metro di Finsbury Park, proprio lì di fronte vedrai l’insegna del Silver Bullet. Mo’ non ricordo che giorno, ma di sicuro lì fanno le jam… Ma mica solo di jazz, anche rock ed “International” (che non so che significa. Forse Pop internazionale… Mah). E come suonano! Bravi davvero. E soprattutto una bella atmosfera da far sentire a casa anche dei terroni provinciali come noi: quelli della “banda del fungo”, gli Amanita. Saliti con i potenti mezzi della Ryanair dalle rive del Crati su su fino al Tamigi per tre date all’ombra del Big Sdeng! Ah… Non si chiama così?? A dirigere le Jam session di jazz al Silver Bullet c’è un tizio di colore alto e robusto, con la faccia scavata dalla vita, di quelli che sembrano burberi, ma col cuore d’oro (moooolto in fondo), capelli “arràsta” fino al culo e un sax tenore tra le labbra: lui presenta con scioltezza, invita i musicisti prenotati ad esibirsi e dirige le cose solo quando è necessario. (Continua a leggere)

Io: Buonasera gentile pubblico e benvenuti alla sesta puntata di Call and response, la vetrina d’interviste più kùl della città! Qui ai microfoni di Free Fall Jazz è Carlo ad augurarvi il massimo delle fortune e dello suìngh con tanto grùv nel giusto mùd… In regia si spertica di saluti Nico Toscani… Eheheheh… Ciao Nico, ciao ciao!

Dunque iniziamo.

A chi bazzica anche solo da lontano il panorama del Jazz Italiano Contemporaneo (in seguito denominato “JIC”) degli ultimi diciotto anni circa, non sfuggirà di certo il nome di Francesco Cusa (denominato nel prosieguo per brevità “FC”).

Il sopra(c)citato JIC è una bestia strana: ci regala molte pietre preziose, merda fresca e merda fossile, argilla ancora da modellare, noiose perle perfette di rara bellezza e bombe d’incandescente pietra lavica.

A quest’ultima categoria afferisce di certo FC: per l’appartenenza geografica Etnea, per la rovente energia della sua musica e per la vulcanica attività (…è batterista, compositore, editore, fondatore del movimento NON “COLLETTIVO” Improvvisatore Involontario, docente, direttore di sonanti e moventi organici creativi colorati e diversi, critico cinematografico, uomo di penna e di bacchetta).

Accogliamolo dunque con un caloroso applauso… perchè il Sig. FC è QUIIII!

[...APPLAUSI...]

FC: Grazie, grazie…troppo buoni.

Io: Prego si accomodi sulla nostra comoda poltrona borchiata in pelle nera.

FC: Buonasera!

(Continua a leggere)

Sì, sì: è proprio una trasmissione RAI, anno 1976. La RAI… La nostra TV di stato, la cui proposta culturale attuale è paragonabile al menù del McDonald. Don Cherry, Nana Vasconcelos e compari dal vivo per la gioia tutti gli italiani dell’epoca. Noi ci godiamo la differita… Almeno quella!

“Il carbonio è un elemento notevole per vari motivi. Le sue differenti forme includono una delle più morbide (grafite) e una delle più dure (diamanti) sostanze conosciute dall’uomo. Inoltre, ha una grande affinità per i legami chimici con altri atomi leggeri, tra cui il carbonio stesso, e le sue piccole dimensioni lo rendono in grado di formare legami multipli […]. Queste proprietà permettono l’esistenza di 10 milioni di composti del carbonio” (estratto da Wikipedia.org alla voce “Carbonio”). Non credo ci sia metafora migliore per definire il mondo musicale di Mirko Onofrio: musicista, compositore, arrangiatore e gran geniaccio capace di danzare sul filo del rasoio, in bilico tra materiali musicali diversissimi, ma con naturalezza, competenza e grande cuore. Duro come un diamante, sperimentale e violento, ma anche morbido come la grafite, autore e arrangiatore di canzoni. La sua immaginazione vulcanica crea legami chimico/musicali imprevedibili: il nostro eroe è implicato in ogni tipo di collaborazione e si trova a dialogare con musicisti classici, jazzisti, DJ, rockettari, attori, ballerini in calzamaglia, urlatori, autori e cantautori, videomakers, registi.

Da tre anni collabora (come polistrumentista ed arrangiatore) con Dario Brunori, cantautore calabrese che, spiega Mirko, “ha esportato in tutta l’Italia il suo progetto senza mettere per forza avanti argomenti come il peperoncino, la ‘nduja o la ‘ndrangheta e colpendo così dritto al cuore di un pubblico decisamente esteso e trasversale” …E poi? (Continua a leggere)


Spazio Clang! Artisti che cercano (e trovano) spazio per fare, proporre, creare una rete, incontrarsi. Nei fumetti quando il metallo sbatacchia, sferraglia o colpisce fa “Clang!”: loro hanno già colpito e non esiteranno a farlo nuovamente. Rappresentano una minaccia? Chi si nasconde dietro questa sigla? Li abbiamo incontrati e conosciuti: ecco cosa ne è uscito fuori.

Ciao Spazio Clang! Chi sei? Cosa vuoi? Dove sei?
Spazio Clang è un’associazione di promozione sociale, nata circa un anno fa dalla volonta’ di un guppo di amici, colleghi musicisti e perfomer. La nostra esigenza è quella di far succedere qualcosa di nuovo e particolare nella città, Padova, in cui tutti viviamo; una città culturalmente attiva ma in cui sentivamo la mancanza di attività un po’ più di ricerca e di sperimentazione, che potessero mettere in rete sia argomenti che realtà diverse, come anche il poter portare nel nostro territorio modalità di approccio alla tradizione o a tematiche, anche tecniche, un po’ diverse da quelle didatticamente più diffuse. Non abbiamo per il momento una sede vera e propria, ma da novembre possiamo utilizzare nei fine settimana uno spazio concessoci gentilmente dal Consiglio di Quartiere n.5 di Padova. (Continua a leggere)

Se la vostra immagine mentale del percussionista è ferma al capellone afro coi pantaloni a zampa che suona le congas a petto nudo… beh, allora è il caso di aprirsi a nuovi orizzonti! Conoscere Leon Pantarei e la sua musica è un’occasione da non perdere: musicista aperto e colto, accoglie nelle sue corde il dub, l’elettronica, il jazz e tanta musica etnica, da Cuba al Pakistan.

Decliniamo al passato: l’etno-dub e i successi con CNI, la tua attività di turnista live e in studio anche in ambito “pop”… Che ricordi hai? Cosa ti è rimasto?
Molto, anzi, direi moltissimo. La storia di Pantarei è stata bellissima e mi ha dato molte soddisfazioni, soprattutto ha sviluppato e perfezionato le mie capacità di autore di musica e testo all’interno di una forma che, pur con tutti i distinguo del mondo “indie”, può essere definita canzone. Poi, di grande importanza e’ il rapporto, che con il progetto Pantarei ho approfondito moltissimo, tra psichedelia del ritmo e concezione psichedelica e mantrica della dance, in un contesto di melting pot percussivo capace di unire il son latino, i ritmi carioca e le pulsazioni orientali, tipo i tala indiani, il konnakhol ed il maquam araboarmeni, il tutto remixato col reggae e il dub, chiaramente. Mi sento una sorta di portabandiera della “contaminazione”: per me, nel terzo millennio, la radicalizzazione della filologia o del monotematismo espressivo suona quasi come una “bestemmia creativa”, come un limite allo sviluppo dei linguaggi. Da sempre sono ossessionato dalla ricerca dell’originalità e, a mio avviso, il massimo dell’originalità non può che scaturire dalla ricombinazione degli elementi o dalla sintesi fra i linguaggi. (Continua a leggere)

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